“E’ la capacità di essere credibili, di gestire le informazioni e di affrontare i problemi orientando le scelte degli altri.”

Come si comporta chi ha influenza e persuasione?

La persona che riesce a influenzare e persuadere dimostra una grande fiducia in se stessa, trasmette sicurezza nell’ambito della discussione alla quale partecipa e sa gestire le informazioni per portare l’interlocutore al convincimento della propria posizione.

Come si allena questa Soft Skill? Con empatia, equilibrio e preparandosi

Si pensa spesso che le persone influenti e persuasive abbiano una dote naturale, ma in realtà questa soft skill richiede tantissima volontà e dedizione. Se anche si nasce con la dote della parlantina e della convinzione della propria posizione, la retorica (ovvero l’arte oratoria, del convincere) nasce nella Sicilia del V secolo a.c. e fin da allora si pone lo stesso intento:  persuadere l’interlocutore con il continuo esercizio.

Mettiti nei panni dell’interlocutore

Riflettere sull’interlocutore e sulle sue necessità è il primo passo per capire cosa lo spinge ad avere una convinzione. Così metà del lavoro è fatto: l’altra metà è scardinare quella convinzione e portare la persona verso la propria posizione.

Cerca di sapere più informazioni possibili sulla persona che devi convincere: dettagli anagrafici, esperienze, situazione sentimentale ed economica. Così puoi trovare le motivazioni logiche che spingono la persona ad avere una posizione diversa dalla tua.

Equilibra dati oggettivi con emozioni

Le persone logiche pensano che il miglior modo per convincere una persona siano i dati oggettivi e che le dimostrazioni causa-effetto (come il metodo scientifico – fino alla riprova) possano convincere qualsiasi persona, ma non è così. Ogni persona è differente, come detto, perché ha una storia ed emozioni diverse.

Devi quindi capire che tipo di persona hai di fronte, e dosare con cura dati oggettivi incontrovertibili ed emozioni (empaticamente) per guidare l’interlocutore verso la tua posizione.

Non confondere le necessità emotive con quelle pratiche: se una persona ti dice che ha bisogno di un documento entro la giornata, aiutala praticamente, mentre se si mostra depressa per una situazione personale, offrile un caffè per poterne parlare.

Preparati a tutte le obiezioni

Conoscere e capire l’altro vuol dire anche riuscire (con molta probabilità) a prevedere le sue reazioni alle diverse argomentazioni. Quindi si ha uno strumento in più: puoi preparare le risposte alle obiezioni che sai che ti porrà.

E se dovesse avere ulteriori obiezioni? Sarà sempre un momento proficuo, perché avrai modo di conoscere più a fondo il modo di riflettere e di reagire della persona che vuoi convincere.

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“E’ la capacità di identificare e vigilare in maniera appropriata sui propri sentimenti ed emozioni. La persona capace di autocontrollo tollera con facilità le situazioni conflittuali e/o non definite e mantiene un comportamento stabile anche nei momenti di difficoltà. Ad esempio, la capacità di calmarsi, di liberarsi dall’ansia, dalla tristezza, ecc… indicano quanto un soggetto, consapevole del proprio stato emotivo, sia in grado di riconoscere, dominare e indirizzare le proprie emozioni. Saper leggere le proprie emozioni e riconoscere il loro impatto nelle attività ordinarie e lavorative consente, d’altra parte, di utilizzare l’intuito e le sensazioni “viscerali” per orientarsi nelle decisioni.”

Come si comporta chi ha autocontrollo?

La persona che ha autocontrollo non cede alla propria emotività, ma non la reprime neanche. Sa quando esternare i propri sentimenti e come gestire le situazioni anche facendosi guidare dalle proprie emozioni. Ascolta il proprio corpo e riflette sul proprio stato d’animo e sulle motivazioni che lo fa scaturire. Sa anche che il completo controllo di se stessi non si raggiunge in un solo giorno e con la bacchetta magica, quindi lavora ogni giorno per quell’obiettivo e non si deprime per uno sbaglio, ma anzi cerca di imparare dagli errori fatti, come un’esternazione sbagliata.

Come ci si allena all’autocontrollo? 3 semplici esercizi

Molti pensano che l’autocontrollo voglia dire reprimersi, ma questa idea è malsana e controproducente, perché ciò che ci imponiamo porta a risultati opposti. Quante volte, infatti, otteniamo risultati scarsi quando sentiamo che ciò che facciamo è un dovere, piuttosto che un piacere. Pensiamo invece a quanto è facile svolgere un’attività che vogliamo fare, che ci porta piacere. E quanto facilmente raggiungiamo i nostri obiettivi in questo modo.

Sulla base di questo, vediamo tre esercizi che invece possono aiutarci a sviluppare il nostro autocontrollo:

Più piacere nel dovere

Rifacendoci al concetto visto sopra…non è vero che è meglio “prima il dovere e poi il piacere”, perché dobbiamo smetterla di flagellarci masochisticamente pensando che ciò che ci imponiamo ci porterà gioia in futuro.

Cerchiamo piuttosto i lati positivi degli obiettivi, focalizzati su ciò che VUOI e NON che DEVI raggiungere. Vedrai che avrai più piacere anche a fare cose che non ti piacciono se hai chiaro in mente come sarai una volta ottenuto il tuo risultato.

La regola dei 15 minuti

Una regola molto semplice quanto efficace: stai per cadere in tentazione e perdere l’autocontrollo? Sospendi il giudizio per 15 minuti, quindi torna a fare ciò che stavi facendo. Vedrai che sarai molto più calmo e lucido e riuscirai a trovare una soluzione per non perdere il controllo su di te.

Se-allora

Stai proprio per perdere il controllo di te? Prenditi un momento per riflettere e applica la tecnica del “se-allora”. Pensa a quello che potresti fare al posto di perdere l’autocontrollo:

  • Se ho voglia di alzare la voce, allora cerco di spiegare con calma e in maniera più convincente la mia posizione
  • Se ho voglia di fumare una sigaretta, allora mastico una gomma
  • Se ho voglia di controllare whatsapp, allora parlo con i colleghi

Questi tre semplici consigli possono essere utili per migliorare il vostro autocontrollo, ricordando che l’istinto e le emozioni non vanno represse, ma coltivate per essere espresse nel modo giusto, perché arricchiscono la vita lavorativa e la soddisfazione personale.

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“Abilità nel ricercare ed ottenere dati, notizie e fatti in vista del superamento di un problema, del perseguimento di un’opportunità, ecc…Valorizza la prospettiva di lungo termine nel considerare i bisogni del cliente e nel fornirgli le informazioni necessarie.”

Come si comporta chi sa gestire le informazioni?

Le persone che hanno questa soft skill sanno ascoltare e capire le problematiche dei clienti, ma anche riflettere sulle proprie, per poter ricercare le informazioni necessarie a risolvere le necessità, organizzarle e condividerle in base alle priorità. Hanno buona memoria, perché collegano le informazioni alle fonti da cui le hanno raccolte  e alle domande a cui rispondono, in modo da utilizzarle nel momento opportuno.

Come ci si allena per gestire le informazioni? Con obiettivi ben definiti, ordine e ascoltando le necessità

Il primo passo per gestire in modo appropriato le informazioni è capire a cosa servono queste ultime, altrimenti sono fini a se stesse e quindi più difficili da ricordare e organizzare. Tutto ha inizio nel porsi le domande giuste e porle alle persone o ricercare le risposte leggendo, osservando, navigando online…e in qualsiasi altro modo. Bisogna avere perciò un obiettivo, che scaturisce da una domanda che ci si pone rispetto allo status quo, proprio o esterno. Nel lavoro, è quindi importante saper ascoltare, per poter conoscere le necessità di colleghi, collaboratori e clienti, e porsi come obiettivo la risoluzione dei problemi. Le informazioni devono essere organizzate e prioritizzate e bisogna condividere le informazioni giuste con le persone giuste: un marketing specialist e uno sviluppatore web possono essere entrambi coinvolti nell’attività di creazione di un sito, ed entrambi possono chiedersi come deve essere creare una pagina, solo che il primo avrà bisogno di linee guida di seo, contenuto e layout, il secondo di html, css, php, javascript etc…stessa domanda ma risposte differenti!

3 consigli per allenare questa soft skill

  • Mettetevi nei panni dell’altra persona: cercate di capire le necessità di colleghi e clienti, anche chiedendole, in modo da capire come aiutarla con le informazioni che avete.
  • Chiedetevi l’importanza di ciò che condividete: quando una persona vi chiede un’informazione, chiedetevi se ciò che state per dire ha veramente valore per lei…se può aiutarla veramente a risolvere le sue necessità.
  • Mettete ordine tra le informazioni che avete: partite dall’esigenza e capitalizzate tutte le informazioni necessarie per rispondere. Ma mano che trovate ulteriori informazioni che riguardano lo stesso tema, riuscirete ad arricchire il vostro bagaglio nell’ambito, così da rispondere sempre meglio alle necessità e risolvere problemi sempre più complessi. Per dare ordine alle informazioni, chiedetevi sempre a quale necessità rispondono e di quali persone, perchè in questo modo il vostro contributo sarà sempre più importante e valorizzato

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“E’ l’abilità di pensare in maniera dettagliata, approfondita e sistematica per risolvere problemi. La persona dotata di capacità analitiche applica metodologie precise nell’approcciare le diverse problematiche lavorative.”

Come si comporta chi ha un pensiero analitico?

Il pensiero analitico comporta una comprensione degli elementi costitutivi del problema in modo sistematico, la conoscenza successiva dei diversi aspetti, l’individuazione di priorità su basi logico-razionali e infine la definizione chiara delle relazioni di causa-effetto. Si tratta di entrare così nella complessità del pensiero causale in atto, in altre parole conoscendo le diverse ragioni, conseguenze o passaggi inclusi nell’analisi. È necessario considerare anche la dimensione quantitativa del problema analizzato.

Il pensiero analitico è fondamentale perché utilizza correttamente il flusso logico dell’argomentazione razionale, allo scopo di evitare fratture o contraddizioni nel mostrare la validità delle scelte che si prendono. La curiosità è la virtù, il tratto del carattere indispensabile e infine il desiderio implicito di sapere e conoscere più cose, persone o problemi al fine di conseguire gli obiettivi assegnati o altri superiori e migliori. Ricercare sempre nuove informazioni permette di costruire processi e conseguire soluzioni sempre più affinate e complesse, in vista di una maggiore efficienza del lavoro e in un quadro sempre più chiaro della situazione.

Come si allena il pensiero analitico? Con metodologia e costanza

Il pensiero analitico si coltiva fin dall’infanzia a scuola. E’ proprio l’ambito accademico che, con lo studio delle diverse materie, ci offre gli strumenti per analizzare il mondo che ci circonda e trovare soluzioni per migliorare la nostra qualità della vita. Ma la domanda che ci si pone fin dai tempi dell’accademia è “quale metodo di studio usiamo”? La metodologia di analisi, infatti, si sviluppa col tempo, e con la costanza, perché è normale fare errori di valutazione, ma è importante non fermarsi e continuare ad allenare il proprio pensiero analitico. Vediamo alcuni consigli per allenarci:

  • Osservate il mondo e chiedetevi “come posso migliorarlo?”. L’analisi fine a se stessa stanca, quindi dobbiamo darci un obiettivo. E quale obiettivo migliore della qualità della nostra vita? Analizziamo noi stessi, il nostro lavoro, il nostro luogo di lavoro e vediamoli nell’ottica di miglioramento. In questo modo l’analisi che faremo si svilupperà più facilmente, perché avrà un obiettivo definito.
  • Capite come gli altri analizzano il mondo. Volete scoprire nuove metodologie di analisi? Osservate ed ascoltare i vostri colleghi e collaboratori e andrete incontro ad un mondo di nuovi metodi per scoprire il mondo e analizzarlo.
  • Fate esperienze nuove. Il pensiero analitico viene in aiuto quando ci sentiamo in pericolo, perché il nostro istinto di sopravvivenza ci aiuta ad uscire dalle situazioni pericolose. Questo non vuol dire che dovete affrontare momenti di terrore o panico, ma che uscire dalla quotidianità vi consente di allenare la vostra capacità di analisi e mettere alla prova la metodologia che avete sviluppato.
  • Fate delle ipotesi e verificatele. Osservate il mondo e ipotizzate una causa o l’effetto che una causa può avere e verificate a posteriori se la vostra assunzione era esatta. Riflettete quindi sugli indizi che vi hanno portato all’ipotesi verificata, ma attenzione a pensare che in presenza degli stessi indizi andrà sempre come avete verificato, perché ci sono troppe variabili e incognite nella vita! Ed è proprio per questo che va vissuta: scoprire sempre nuovi scenari e modi di vedere e analizzare il mondo.

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“E’ la consapevolezza del proprio valore e delle proprie capacità. Tale consapevolezza comporta l’assunzione di responsabilità crescenti in seno all’organizzazione.”

Come si comporta chi ha fiducia in sé

Le persone con autostima vogliono raggiungere i risultati, portando a termine ciò che iniziano e sempre imparando cose nuove e lanciandosi nelle sfide che gli si propongono. Non hanno paura di sbagliare perché sanno che ogni fallimento porta loro un insegnamento, da cui possono imparare e progredire.

Sul lavoro la fiducia in sé è fondamentale, perché ricompensa sul lungo periodo, supportando la salute mentale e fisica. E, come detto, aiuta a imparare dagli errori, imparare e crescere professionalmente.

Come si coltiva la fiducia in se stessi? Con obiettivi definiti, gratificandosi e curando le relazioni con i colleghi

Ecco tre semplici modi per coltivare la propria autostima sul lavoro:

  1. Definite i vostri obiettivi.

E’ fondamentale darsi degli obiettivi personali, e non seguire solo quelli che vengono imposti dall’esterno, magari dai superiori. Perché i goal definiti consentono di capire se stiamo seguendo la strada giusta e quanto manca all’arrivo nel nostro percorso di crescita. Anche un fallimento è meno grave quando ripensiamo a quanto ci siamo avvicinati all’obiettivo che ci siamo dati.

  1. Fate ciò che vi piace e vi gratifica.

Quando vi sentite demoralizzati, per un fallimento o per una lavata di testa del vostro capo, non perdete tempo disperandovi, ma dedicatevi alle attività che sapete vi riescono meglio e vi gratificano. In questo modo riprenderete subito fiducia in voi stessi e capirete che il fallimento è stato momentaneo.

  1. Curate le relazioni con i vostri colleghi.

Per non sentirvi soli nella sconfitta, ma parte di un gruppo che ha un obiettivo comune, passate del tempo e parlate con i vostri colleghi. Le persone che vi circondano sapranno trasmettervi il valore che avete secondo loro. Create un ambiente positivo e comunicativo e capirete quanto siete importanti per raggiungere tutti insieme il successo dell’impresa della quale fate parte.

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“La capacità di cooperare indica il desiderio della persona di lavorare insieme agli altri e di organizzarsi e distribuirsi il lavoro in base alle proprie competenze e interessi professionali, per conseguire una meta comune. La capacità di cooperare con gli altri implica il desiderio di comunicare in maniera trasparente e di collaborare e interagire comprendendo le reciproche posizioni rispetto a un problema o attività lavorativa. Un alto grado di cooperazione potrebbe consentire alla persona di conoscere cose nuove, di entrare in nuovi campi di attività e di specializzarsi in compiti diversi dal proprio. La bassa propensione della persona a cooperare, può segnalare la tendenza del soggetto a concentrarsi sulle attività proprie, utilizzando principalmente le proprie conoscenze”

Come si comporta chi sa cooperare?

La persona si relaziona naturalmente in modo cooperativo, perché avvia e mantiene rapporti di aiuto reciproco, in cui ognuno si considera di valore per il raggiungimento dell’obiettivo comune. Nel corso della crescita individuale ci si confronta con relazioni di subalternità, nei quali si scopre la necessità di apprendere in modo non paritario. E si scopre l’individualismo e la competizione. Queste peculiarità devono essere vissute in modo sano, esaltando la propria individualità e unicità rispetto agli altri e imparando dalle sconfitte, senza infierire nelle vittorie.

Come si coltiva questa soft skill? Sapendo che esiste un’interdipendenza tra di noi e che siamo tutti necessari per raggiungere l’obiettivo

La coscienza della capacità di cooperare passa attraverso la conoscenza dell’interdipendenza. Fin dalla scuola si possono utilizzare delle tecniche di “apprendimento cooperativo”, nel quale si impara l’interdipendenza positiva, ovvero…

“la consapevolezza, da parte dei componenti del gruppo, di essere legati reciprocamente da una dipendenza relazionale che risulta essere direttamente proporzionale al grado di coinvolgimento sentimentale e di utilità che lega gli uni agli altri”

La spinta motivazionale per conseguire l’obiettivo del gruppo ha a sua volta la potenzialità di migliorare le performance individuali. Nell’apprendimento cooperativo l’importanza dell’interazione faccia a faccia non deve essere sottovalutata, essa infatti permette d’instaurare una sincera ed empatica relazione con l’altro, favorendo l’apprendimento.

La partecipazione di tutte le persone del gruppo, la conoscenza della responsabilità della riuscita del proprio lavoro per ottenere il risultato di gruppo e l’interazione costruttiva, durante la quale ci si confronta alla pari, per conoscere e imparare dai propri errori. Questi sono ingredienti fondamentali per una cooperazione sana. Siamo interdipendenti anche perché non conosciamo tutto di noi, ed abbiamo bisogno degli altri per poterci conoscere in ogni nostro aspetto e in ogni situazione, per poter contribuire con la nostra unicità alla successo del gruppo.

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“Delegare significa affidare ad altri attività e compiti che rientrano nell’area delle proprie responsabilità. Gli individui che sono in grado di delegare dimostrano interesse per lo sviluppo del proprio ruolo, dei collaboratori e dell’organizzazione. Questi individui riescono a gestire efficacemente i flussi di lavoro, a comunicare con gli altri, a focalizzarsi sulle attività da delegare e a monitorare lo sviluppo, la formazione e la motivazione dei collaboratori. I leader capaci di delegare rafforzano la loro posizione e liberano tempo per focalizzarsi su altre attività.”

Come si comporta chi sa delegare?

Le persone che sanno delegare, sanno quando è preferibile rispetto allo svolgere il lavoro in prima persona. Vediamo 3 casi:

  • Quando si può svolgere un’attività raggiungendo gli stessi obiettivi pur utilizzando tecniche diverse. A volte infatti guardare al lavoro degli altri significa vedere le cose da un’altra prospettiva, allargando così i propri orizzonti.
  • Quando delegare significa formare una figura che potrebbe crescere in maniera significativa. Promuovere la formazione significa infatti essere buoni manager e dedicarsi ad essa dà molte soddisfazioni e migliora la produttività dell’azienda.
  • Quando la mansione non rientra più nel proprio ruolo. Vale a dire è giusto fare un passaggio di testimone per alcune mansioni, ma mantenendo sempre una supervisione sul lavoro svolto e raddrizzando il tiro qualora ce ne fosse bisogno.

Come ci si allena per saper delegare?

Scopriamo insieme come imparare a delegare correttamente, in pochi semplici passi.

  1. Fai un elenco e distingui le attività tra:
  • attività che devi svolgere personalmente, che non puoi delegare ad altri;
  • compiti che non richiedono il tuo intervento personale rispetto ai quali puoi rinunciare al controllo totale;
  • attività che ti danno energia;
  • incombenze che ti costano fatica.
  1. Individua le persone competenti.

In questa fase, cerca di essere il più obiettivo possibile.Non cercare nel delegato le tue stesse caratteristiche, una persona cui teoricamente potresti passare il timone del tuo business. Il delegato deve semplicemente saper svolgere i compiti che gli affidi.

  1. Chiarisci gli obiettivi. Delegare significa anche saper spiegare bene a chi deve svolgere il lavoro come dev’essere fatto. Accertati:
  • di chiarire gli obiettivi;
  • che la persona delegata li abbia compresi bene;
  • spiegare al delegato cosa ti aspetti da lui;
  • di mettere a disposizione le risorse e gli strumenti necessari
  1. Stabilisci una scadenza e pretendi che sia rispettata.

Un’abitudine diffusa è quella di chiedere al delegato di eseguire la prestazione con una certa urgenza. Verifica che i tempi siano compatibili con il risultato richiesto e fai una valutazione sul rapporto tempo impiegato/qualità del risultato.

  1. Impara a fidarti.

Se sei una persona abituata a esercitare il controllo sul lavoro dei tuoi collaboratori, fidarti del delegato sarà l’impresa più ardua. Tuttavia, il manager in grado di delegare sa fidarsi dei suoi collaboratori e non ha bisogno di verificare costantemente come procedono le attività. Questo non significa che non controllerai come proseguono i lavori, ma che non dovrai farlo in maniera compulsiva. I modi e i tempi per le verifiche intermedie sono diversi secondo l’attività svolta, sta a te stabilire il come e il quando.

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“Chi è in possesso del tratto dell’innovazione dimostra capacità di risolvere le problematiche lavorative in maniera originale e creativa e di affrontare in prima persona e con intraprendenza le sfide organizzative e di mercato che periodicamente si presentano. In ambito organizzativo e del lavoro di gruppo, l’innovatore apporta nuove visioni e le sue competenze sono indispensabili quando si tratta di migliorare il lavoro, di rinnovare procedure e di implementare nuove strategie. La competenza dell’innovazione non si coniuga con lo svolgimento di compiti lavorativi routinari e standardizzati.”

Come si comporta chi è innovatore?

L’innovatore è intraprendente, si aggiorna continuamente per conoscere le metodologie più nuove e le confronta con quelle esistenti per sapere come migliorarle.

Le caratteristiche del leader innovatore in azienda sono fondamentalmente 5. Vediamole insieme:

  1. Consapevolezza del contesto: intesa come comprensione dei fattori di riferimento del proprio contesto e delle relazioni che concorrono a determinare opportunità e minacce.
  2. Visione: come abilità nel comprendere e anticipare le direzioni di sviluppo del mercato e i bisogni insoddisfatti dei clienti per costruire una visione chiara del futuro dell’azienda e la giusta strategia per realizzarla.
  3. Essere ambasciatore dell’innovazione: il leader deve “agire” l’innovazione ed esserne il primo testimonial all’interno della propria impresa per poterla comunicare e favorirne l’adozione da parte della propria organizzazione prima che dal mercato stesso.
  4. Imparare dagli errori: la disponibilità ad accettare l’errore nello sperimentare strade nuove e a imparare da esso è una delle sfide più impegnative in termini di self learning, ma più promettenti di risultati futuri per un executive.
  5. Ridurre la complessità: la capacità di rendere i processi interni più facilmente leggibili per l’organizzazione e riuscire a far percepire l’innovazione, qualunque essa sia, “enjoyable” per il cliente interno rende più motivante il lavoro per tutti i collaboratori e più facile il cambiamento organizzativo, comportando un riverbero positivo anche verso l’esterno.

Come ci si allena per diventare innovatori? Con curiosità e sospendendo il giudizio

C’è un fattore fondamentale che contraddistingue l’innovatore: la curiosità. Curiosità significa non accontentarsi di ciò che sembra scontato e comunemente accettato, significa mettere in discussione l’ovvio, chiedersi il perché delle cose, cercare nelle zone d’ombra, essere perennemente alla ricerca del meglio dopo che si è trovato il buono.

La persona curiosa sa fare domande giuste e sa porsi obiettivi centrati. Ma non basta. Una volta trovati gli elementi e scovate le informazioni deve combinarli e assemblarli in una maniera diversa. Deve rimescolare le carte che la realtà ci offre per ottenere nuove combinazioni, nuove risposte. Questo è il momento magico. E’ il processo creativo, in cui si generano le nuove idee. Un ingrediente fondamentale durante tutto il processo innovativo è la sospensione del giudizio, o meglio del pregiudizio. Che significa non esprimere valutazioni prima che si sia concluso il processo creativo poiché il giudizio uccide l’idea prima ancora che sia cresciuta.

La creatività è sinonimo di immaginazione, e su questo argomento abbiamo già scritto alcuni consigli per allenarla e applicarla alla vita di tutti i giorni: https://originalskills.com/it/blog/immaginazione/

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“E’ la capacità di identificare la direzione che l’impresa deve seguire in un contesto competitivo complesso, riferendosi a vision e prospettive di medio e lungo termine. Le persone che pensano strategicamente collegano gli scopi dell’organizzazione alle attività svolte; identificano le vie per far incontrare le competenze dell’organizzazione con quelle richieste dal contesto competitivo esterno; promuovono l’utilizzo appropriato di risorse e capacità richieste dall’organizzazione per raggiungerne gli obiettivi; influenzano le scelte operative dell’organizzazione, evidenziando le implicazioni delle scelte compiute.”

Come si comporta chi ha capacità strategiche?

Chi pensa in modo strategico soddisfa questa 4 principali caratteristiche:

  1. Sa dove vuole arrivare. Deve esserci un obiettivo o uno scopo ben definito, altrimenti qualsiasi strategia perde di significato.
  2. Sa a che punto si trova. È necessario saper definire la situazione presente e la distanza dal traguardo da raggiungere.
  3. Sa definire la strada da percorrere. È il punto centrale della strategia. Richiede di pianificare il modo in cui raggiungere l’obiettivo prefissato.
  4. Sa auto-valutarsi e correggersi. Il pensiero strategico richiede flessibilità per monitorare costantemente quello che facciamo e poter così ridefinire la propria direzione.

Come si allena questa Soft Skill?

Ci sono molti modi per sviluppare il pensiero strategico, a partire dal giocare a scacchi.

Proponiamo qui 3 semplici esercizi per allenarsi tutti i giorni:

  • Fare qualcosa di totalmente diverso. L’idea è quella di fare qualcosa mai fatta prima. Può trattarsi di una cosa semplice, come cambiare strada per andare al lavoro. Dovete prestare molta attenzione a tutto e poi trascrivere l’esperienza su un foglio per individuare le nuove “scoperte”.
  • Giocare a imitare un modello. Il meccanismo è simile a quello del gioco di ruolo. Si tratta di scegliere qualcuno che si ammira profondamente e trarre ispirazione dal suo modo di pensare. Poi, nel corso della giornata, comportarsi come se fossimo quella persona. Alla fine, bisognerà descrivere quello che si è scoperto.
  • Domande insolite. Cercare di formulare ogni giorno una domanda insolita. Non deve essere una ricerca di informazioni, ma una domanda che induca all’analisi. Bisogna cercare di rispondere senza accedere alle informazioni. Formulare delle ipotesi. Poi realizzare una ricerca e verificare. Ad esempio, perché gli occhi sono rotondi?

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Il modello Skill View definisce attenzione ai dettagli come…

“…la capacità del soggetto di curare i particolari e gli elementi peculiari che caratterizzano le attività lavorative svolte. L’attenzione ai dettagli, l’accuratezza, la precisione e la diligenza nel portare a termine un progetto o compito lavorativo, sono competenze indispensabili per chi si occupa di controllare i risultati qualitativi del lavoro proprio e degli altri. In determinate circostanze, l’eccessiva meticolosità e sistematicità nell’affrontare le attività lavorative può costituire un ostacolo al rapido conseguimento degli obiettivi di lavoro. D’altra parte il disinteresse per il lavoro, la noncuranza e la svogliatezza sono segnali di una possibile scarsa qualità del lavoro.”

Come si comporta chi ha attenzione ai dettagli?

Ha la capacità di essere precisa ed analitica, nonché coscienziosa nel portare avanti i compiti che le sono affidati. E’ molto sistematica nell’organizzare la propria attività. La cura dei dettagli è di particolare importanza per chi si occupa di qualità e miglioramento continuo. Tuttavia l’eccessiva cura dei dettagli può portare la persona ad atteggiamenti eccessivamente perfezionisti.

Come si allena questa Soft Skill? Imparando ad essere ordinati, puntuali e prendendosi delle pause

Ecco alcuni metodi pratici per diventare attenti ai dettagli

  • Organizzate il vostro lavoro, il più precisamente possibile. Iniziate organizzando le attività generiche su un calendario, e man mano pensate a tutte le parti che compongono le attività, fino a scriverne tutti i dettagli sulla vostra agenda
  • Fate esercizi di memoria, con quiz, immagini o altro…in questo modo imparerete a ricordare anche il minimo dettaglio del lavoro svolto e di quello che avete programmato
  • Siate ordinati, perché così saprete sempre dove trovare tutto ciò di cui avete bisogno e, sapendo come avete ordinato tutto, saprete anche quali dettagli sono stati modificati da voi o da altri
  • Non fate multitasking, altrimenti potreste confondervi e diventare disorganizzati.
  • Abbiate cura di voi stessi e notate i dettagli del vostro fisico, per migliorarlo con l’esercizio. La routine e l’esercizio aiuteranno la vostra memoria e la vostra attenzione.

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