programmatore davanti agli schermi del computer

La rivoluzione digitale prevista dai futuristi degli ultimi decenni del XX secolo si sta manifestando oggi in modo frenetico in ogni aspetto della vita economica, produttiva e sociale. Le persone, le aziende, le imprese, le organizzazioni, dalle più tradizionali alle più innovative, si rendono conto di vivere già nel mondo di domani, governato dall’intelligenza artificiale, dagli algoritmi e da tecnologie impensabili.

È chiaro che la trasformazione digitale sta influenzando profondamente il mondo del lavoro, richiedendo nuove competenze e specializzazioni, ma offrendo anche nuove opportunità per coloro che sono in grado di adattarsi a questa nuova realtà.

Gli esperti di dati, di intelligenza artificiale e di comunicazione web sono solo alcuni degli esempi di professioni che stanno diventando sempre più importanti nel mercato del lavoro attuale e futuro.

La descrizione del Ruolo

In breve, il ruolo di Data Scientist Machine Learning prevede la progettazione, implementazione e mantenimento di algoritmi e modelli di apprendimento automatico complessi per risolvere problemi aziendali.

Le responsabilità includono lo sviluppo e il mantenimento di modelli di apprendimento automatico, la progettazione e l’implementazione di soluzioni basate sui dati, la collaborazione con team interfunzionale, l’analisi e l’interpretazione di grandi set di dati, la conduzione di esperimenti, la comunicazione di risultati e conclusioni, il rimanere aggiornati con gli ultimi sviluppi, il monitoraggio e la valutazione delle performance, la garanzia della qualità e precisione dei dati e l’affrontare possibili problemi etici, legali e di privacy.

Con una ricerca svolta a partire dal 2018 il Centro Universitario Internazionale ha analizzato le caratteristiche cognitive e di personalità di soggetti che in azienda già svolgono queste attività.

Per poter svolgere questo ruolo con successo è necessario avere una laurea magistrale o un dottorato in un campo pertinente, esperienza comprovata in apprendimento automatico e scienza dei dati, competenze in modellizzazione statistica, linguaggi di programmazione e tecnologie di big data, familiarità con i framework di deep learning. Le persone che sono state inserite nel campione di analisi una solida preparazione sulle tecnologie dei database e dei concetti di data warehousing e conoscono le opportunità offerte in termini applicativi del cloud computing.

I risultati mostrano, in estrema sintesi, che le persone assunte da imprese innovative e che lavorano sul fronte della data analysis, hanno forti capacità analitiche e di risoluzione dei problemi; mostrano ottime capacità di comunicazione e disposizioni relazionali; sono abituati a lavorare in team e a gestire progetti. Oltre alle competenze tecniche, il ruolo richiede quini una serie di competenze soft, tra cui abilità comunicative, lavoro di squadra, pensiero analitico, risoluzione dei problemi, gestione del tempo, attenzione ai dettagli e etica.

Ma come selezionare e valutare tali figure?

La soluzione di Originalskills per la valutazione

La digitalizzazione è una realtà sempre più presente nella vita economica, produttiva e sociale, e richiede un’attenzione costante e una continua evoluzione delle competenze e delle specializzazioni di persone. Come è noto le persone che finiscono i percorsi di studi accademici hanno probabilmente molte conoscenze di tipo generale e a volte specialistiche. Inoltre, persone che sono già occupate nel ruolo sono molto ricercate dalle imprese. E si registra una particolare mobilità fra imprese di questo ruolo.

Originalskills ospita delle funzionalità capaci di catturare caratteristiche oggetto di valutazione da parte delle aziende, come, ad esempio:

  • le conoscenze e le hard skills
  • la personalità
  • le soft skills
  1. la valutazione delle conoscenze
    Relativamente alle conoscenze in Originalskills sono inserite 25 domande, dalle più semplici alle più difficili, tese ad analizzare le conoscenze e hard skills dei Data Scientist Machine Learning. Le domande possono essere inserite tutte oppure scelte sulla base della Seniority delle persone da valutare.
  2. caratteristiche di personalità collegate alle performance migliori.
    Nel nostro campione le persone che svolgono il ruolo di Data Scientist Machine Learning risultano essere, generalmente

    • stabili e capaci di resiste bene allo stress (ci controllano, sono generalmente fredde e calme);
    • responsabili e sentono di dover lavorare con intensità rispettando i tempi d lavoro
    • analitiche e prudenti
    • attive anche se non estroverse (sono ad es. poco socievoli e dimostrano capacità di ascolto più che assertività)
    • attente alle relazioni e dimostrano di poter lavorare con gli altri senza mettersi al centro dell’attenzione.
      Tuttavia, a fronte di queste caratteristiche personali del campione si è notato che i tratti individuali variano da impresa ad impresa, anche se non in maniera significativa.
  3. la valutazione delle soft skills
    Tramite la ricerca effettuata risulta evidente che le soft skills maggiormente collegate al successo professionale del ruolo di Data Scientist Machine Learning.

Nel video sotto si forniscono indicazioni su come impiegare Originalskills per la valutazione.

 

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L’intelligenza artificiale (I.A.) è diffusamente presente nella nostra società e sta guidando la trasformazione di interi economici e produttivi. Ma non solo. L’I.A. ha già fatto il suo esordio anche nell’ambito delle risorse umane (HR) e in particolare nelle attività di recruiting e di sviluppo del personale.

La fatica del recruiting e le opportunità dell’Intelligenza Artificiale

È opinione diffusa che i recruiter trascorrono in media moltissime ore della loro giornata lavorativa  per leggere e consultare CV.  Di fatto, e per una serie di motivi, su 100 CV pervenuti almeno l’85% non è utilizzabile ai fini della selezione.

Inoltre, per farsi poi un’idea della personalità del candidato i recruiter sono spesso impegnati a consultare manualmente i profili sui social e a ricercare ulteriori informazioni utili ad una corretta valutazione.

In definitiva lo screening delle candidature richiede molte ore e la ricerca di informazioni aggiuntive per vagliare la validità e credibilità della candidatura,  è un’attività ricorrente, dispersiva, costosa, inefficiente e spesso non porta risultati ottimali in termini di assunzioni guadagnate dall’organizzazione. A peggiorare le performance sul fronte delle assunzioni è utile rammentare il fatto che i responsabili HR decidono sul futuro del candidato entro i primi 60 secondi dall’incontro finale e, di solito, in base ad uno sguardo, una stretta di mano o un discorso introduttivo.  E, inoltre, nelle decisioni rispetto alla scelta di un candidato sono presenti bias ampiamenti noti nella letteratura specialistica. Quindi è facile intuire che in fase di selezione si può sbagliare per il 30/40% e inserire così candidati che non avrebbero meritato l’assunzione. Si pensi solo, ad esempio, che le persone che sono convocate per prime hanno più possibilità di essere assunte, magari solo perché i recruiters sono stanchi da lavori precedenti di analisi cv, pre-incontri, pressioni interne, ecc. e anche perché è più facile richiamare alla memoria il primo soggetto incontrato per quella specifica posizione.

Gli algoritmi di Machine Learning (M.L.) sono in grado di acquisire rapidamente dati, d’identificare modelli nascosti, di ottimizzare l’esame dei CV e di predire tendenze nel contesto del mercato del lavoro. I software con l’I.A.  possono essere utilizzati per estrarre dai CV parole, foto, video, ecc  al fine di comprendere gli stati emotivi, la personalità e altre caratteristiche dei candidati e contribuire così a migliorare il lavoro dei recruiter e le loro decisioni operative.

L’impiego di M.L. nell’ambito HR non ha peraltro l’obiettivo di sostituire le capacità cognitive umane, ma di svolgere attività di routine, con estrema precisione, e utilizzare quei dati che l’essere umano potrebbe ignorare al fine di ottimizzare la presa di decisione e di ridurre i pregiudizi nella fase di valutazione e abbassando i costi diretti (numero di ore dedicate alla lettura dei CV) e indiretti (fatica, stress e minor tempo disponibili ai recruiter per attività di maggiore valore).

Così progettare algoritmi efficaci per prevedere quali soggetti tra i candidati potrebbero rispondere pienamente ai criteri stabiliti per l’esecuzione del lavoro, sta diventando la nuova frontiera delle Human Resources.

Inoltre, gli algoritmi di I.A., una volta introdotti e utilizzati con continuità, consentono di

  • prevedere con accuratezza il tasso di turnover rispetto a singoli candidati e cluster professionali;
  • individuare lo stile del linguaggio settoriale espresso dai CV in maniera da ottimizzare i contenuti degli annunci e renderli coerenti con l’Employer branding
  • scegliere il candidato giusto e metterlo al posto giusto (Job Match)
  • migliorare la candidate experience
  • favorire la “job fit” culturale, attraverso la coerenza tra l’analisi dei dati curriculari e la cultura aziendale

 I vantaggi

– aumentare la qualità delle assunzioni. L’intelligenza artificiale consente ai reclutatori di raccogliere più dati su ciascun candidato e, di conseguenza, valutare in modo più efficace grazie agli algoritmi.

– integrare i dati del candidato che solitamente possono sfuggire al recruiter, aumentare la produttività e, indirettamente, permettere agli assunti di esprimere le loro migliori competenze (effettuare lo screening per parole chiave, sondare l’esperienza, l’istruzione del candidato con altri dati).

– risparmiare tempo, i dati sono forniti dal lavoro delle macchine in maniera organizzata,   comprensibile in maniera da facilitare la presa di decisione.

– evitare i pregiudizi umani.

Il modello SCREENING CV  sviluppato in Originalskills:

  • Stima la rilevanza di un CV rispetto ad una descrizione in linguaggio naturale.
  • Individua diversi parametri utili a determinare la stretta pertinenza del CV del candidato rispetto alla posizione offerta.Tali parametri sono: facilità di lettura, ricchezza lessicale, complessità sintattica e rilevanza totale
  • Effettua un’importante scrematura di CV irrilevanti per le posizioni aperte al momento e per ordinare i CV secondo parametri oggettivi utili a velocizzare l’operato del selezionatore.
L’intelligenza artificiale consente ai reclutatori di confrontare moltissimi dati delle candidature e di ordinare i CV per pertinenza rispetto al profilo ricercato. E ciò grazie ad algoritmi di machine learning che utilizzano la job description dell’impresa (o altri modelli) per eseguire ricerche sull’insieme dei CV disponibili.
I dati delle candidature solitamente sfuggono all’occhio e alla memoria umana. Screeningcv memorizza tutte (ma proprio tutte) le informazioni presenti nei Cv, le conserva e le restitusice ad ogni richiamo. Screeningcv è time saving, perchè veloce, efficace e ai massimi livelli di innovazione.
I dati forniti dal lavoro dell’Intelligenza Artificale di screening cv sono organizzati, permettono di dare valore alle candidature ricevute e riducono al minimo i tempi necessari per contattare i candidati migliori. I costi economici e personali si contengono al massimo e aumenta la produttività e la predittività nelle assunzioni.

Ecco il video della funzionalità sviluppata:

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Lo smart working è noto nell’attuale contesto lavorativo anche come lavoro agile. L’agilità è l’ atteggiamento positivo e proattivo del soggetto verso il cambiamento nei processi (tecnologici, commerciali, operativi, organizzativi) dell’impresa in vista del futuro. Quest’apertura verso ciò che muta nell’ambiente ora e che probabilmente darà origine a modalità di lavorare, produrre e vivere, implica nelle persone resilienza, autonomia, responsabilità, ecc. e approcci lavorativi che valorizzano la varietà di esperienze volte ad affrontare proattivamente problemi e situazioni ambigue, mutanti, differenti una dall’altra e rischiose negli esiti.

Per comprendere pienamente l’impatto del lavoro agile sull’organizzazione dei processi delle risorse umane ho scritto il libro “La Valutazione Agile. Le soft skills dello smart working” che può essere acquistato su Amazon o altre librerie.

Una sintesi delle idee contenute nel libro sono riportate nell’articolo pubblicato sulla rivista  LAW&HR n.3 10 febbraio 2021 e che puoi scaricare qui.

Per valutare le soft skills dello smart working abbiamo sviluppato un report e qui vedi un esempio.

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Il rapporto Risultati/Sforzi lavorativi esprime la capacità dell’individuo di operare con efficacia per conseguire gli obiettivi di lavoro che gli sono assegnati. Tale rapporto valuta gli sforzi lavorativi (qualitativi e quantitativi) che l’individuo mette in campo per realizzare i compiti che gli sono assegnati e per raggiungere i risultati attesi. La competenza di conseguire i risultati assegnati, tramite l’utilizzo efficace delle risorse personali, è connessa alla fiducia e sicurezza che il lavoratore mostra verso le proprie capacità personali (pensare positivo, ad esempio) e tecniche/professionali. Il miglioramento delle competenze tecniche/professionali e comportamentali ottimizza il rapporto sforzi/risultati.

Come si comporta chi ha questa soft skill?

Come detto, ha fiducia nel poter migliorare i risultati ottenuti con i propri sforzi. E’ analitico nel valutare il suo operato e il percorso che ha seguito per ottenerlo, in modo da capire come migliorare il rapporto che lega questi due fattori delle sue attività.

Alcuni consigli

In azienda si usano i KPI (Key Performance Indicator), ovvero quegli indicatori di performance delle attività. Tra questi, sono presenti diversi rapporti, come il CLV (Customer Lifecycle Value), il valore medio di un cliente durante tutto il periodo in cui rimane tale, e il CAC (Customer Acquisition Cost), cioè il costo medio per l’acquisizione di un cliente. Ed esiste anche il rapporto CLV/CAC, che risponde alla domanda “Qual è il valore di un cliente che acquisisco?”. 

Per determinare questi KPI, quindi, bisogna prima porsi la domanda giusta, alla quale vogliamo rispondere definendo un indicatore, e a volte può non prendere in considerazione tutti i fattori, come nel caso del CLV…abbiamo pensato al fatto che un cliente contento possa promuovere i nostri prodotti e servizi, invogliando altre aziende a contattarci? 

I numeri, i rapporti e gli indicatori non sono tutto, ma fanno parte della valutazione che facciamo delle nostre attività, che possiamo anche pensare in modo qualitativo: ad esempio, quando spendiamo qualche ora in più nel contatto con la clientela…saremo fuori dai parametri dell’efficienza operativa, ma abbiamo raggiunto con efficacia il nostro obiettivo di soddisfare e rassicurare dei portatori d’interesse, con cui creiamo una relazione di fiducia.

È importante quindi scegliere bene i nostri indicatori di performance personali, che siano quantitativi, ma anche qualitativi e verificare che siano in linea con quelli aziendali, con quelli dei nostri colleghi…che siano in armonia con la cultura e la mission della nostra organizzazione.

E se anche vi accorgete di aver fatto un grande sforzo per ottenere dei risultati minimi, ripensate al percorso fatto e il risultato sarà grande, perché vi accorgerete delle vostre capacità e dell’esperienza che avete acquisito, che potrete applicare per il raggiungimento del prossimo obiettivo.

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“L’altruismo è la disposizione del soggetto ad agire per il bene e l’interesse altrui anche sacrificando il proprio. Per tale motivo l’altruismo è reputato dagli altri e dalla società in genere, come un tratto positivo della personalità.  Il tratto dell’altruismo può essere interpretato come una caratteristica innata della persona, anche se il contesto culturale e sociale dove essa cresce e matura  possono influenzare il comportamento verso un maggiore o minore grado di altruismo. L’ altruista, al contrario dell’egoista, dimostra di essere interessato agli altri anche a proprio svantaggio o in vista di un’aspettativa di mutuo aiuto. “Ti aiuto, perché in futuro mi aspetto che tu faccia altrettanto”. L’altruista è considerata come persona di indiscussa moralità e in grado di apportare contributi positivi per lo sviluppo ed il mantenimento di contesti lavorativi  collaborativi e cooperativi.”

Quali benefici porta l’altruismo?

Questa soft skills porta innumerevoli benefici, sia alle singole persone che all’intera azienda: le persone che si mettono al servizio degli altri possono imparare molti aspetti del lavoro dei propri colleghi, aumentando e migliorando le proprie hard skills e costruendosi una rete professionale di conoscenza basata sulla fiducia e il rispetto reciproco. L’intero ambiente lavorativo ne trae giovamento, perché si impara il valore del lavoro altrui, oltre che ad affrontare e risolvere con gli altri i problemi per raggiungere l’obiettivo comune di vivere in un ambiente cooperativo ed efficiente.

Come si coltiva questa soft skills? Senza la paura di sbagliare e con la voglia di imparare

Non è sempre facile essere altruista, perché a volte si ha paura di essere sfruttati dai collaboratori meno generosi o perché si pensa di non essere all’altezza di poter aiutare le persone che ci sono vicine. Ma non bisogna perdersi d’animo: se partiamo dal presupposto di imparare e di poter anche sbagliare qualche volta (proprio perché magari non siamo esperti di un argomento), ne usciremo sempre vincitori, arricchendo il nostro bagaglio di esperienze e di conoscenza delle persone. Quindi non rischierete di fare sempre dei lavori ripetitivi e di annoiarvi, ma anzi dovrete aguzzare l’ingegno perché affronterete problematiche nuove, stimolando anche la vostra curiosità.

Si dice che Einstein abbia detto che “la maturità inizia a manifestarsi quando sentiamo che è più grande la nostra preoccupazione per gli altri che non per noi stessi” e probabilmente possiamo avere fiducia in un premio Nobel che non si risparmiava nel fare le linguacce davanti alla macchina fotografica, per donare agli altri la cosa più semplice ma di maggior valore: un sorriso!

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Secondo il modello di analisi delle soft skills SkillView l’orientamento sociale è…

“La competenza di orientamento sociale determina il modo in cui la persona sceglie di gestire le relazioni sociali. E’ collegata alla capacità di percepire le emozioni degli altri (empatia), di comprendere il loro punto di vista e di interessarsi attivamente alle loro preoccupazioni. La persona “orientata socialmente” preferisce lavorare con gli altri, piuttosto che da sola, e  può essere in grado di leggere e interpretare correttamente il clima organizzativo (inteso come somma delle percezioni individuali, gruppali, settoriali nei confronti dell’ organizzazione). La competenza di orientamento sociale è, infine, collegata all’orientamento al cliente e alla capacità di riconoscere e soddisfare non solo le esigenze dei clienti esterni ma anche quelle dei propri diretti collaboratori.”

Come si coltiva il proprio orientamento sociale? Partecipando attivamente, con modestia, curiosità e spirito d’iniziativa (ma anche l’umorismo non fa male)

Si sa, a volte bisogna intessere delle nuove relazioni, magari perché si inizia un nuovo percorso di lavoro, oppure perché quello attuale cambia. Quindi si ha a che fare con persone nuove con cui si deve collaborare e partecipare a progetti, riunioni, condividendo magari anche molto tempo insieme. Ma quindi, come fare per socializzare al meglio? Certo, non esiste una formula magica, preferibilmente adatta a tutti, ma un possibile percorso è quello di partecipare attivamente alla vita in ufficio, con la modestia di una persona nuova che deve imparare (in fondo, tutti abbiamo qualcosa da imparare dagli altri). E’ importante una buona dose di curiosità per il nuovo, per quello che le persone hanno da dire e da dare, per conoscere nuovi punti di vista che ci possono arricchire e magari darci nuove possibilità che fino ad ora non abbiamo neanche immaginato. Lo spirito d’iniziativa, poi, è la chiave per poter cambiare l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo. In fondo, se il clima è positivo, stimolante, arricchente, formativo e…un pò tutti gli aggettivi positivi che vi vengono in mente per un mondo in cui vorreste passare il vostro tempo…fa bene a tutti, quindi anche a voi.  

E se avete creato un ambiente così in azienda, basato sulla collaborazione e il supporto reciproco per la risoluzione delle problematiche, il rapporto con i clienti rispecchierà questa stessa filosofia. La cura per la clientela quindi, non sarà solo un vanto pubblicitario che giova all’immagine dell’impresa, ma parte della vera cultura aziendale che avete contribuito a creare.

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Secondo il modello di analisi delle soft skills SkillView il decision making è…

“E’ il desiderio individuale di apprendere e conoscere cose sempre nuove e diverse. Indica anche la propensione del singolo a farsi coinvolgere in processi di apprendimento formali o informali finalizzati a trasmettere nuove informazioni, conoscenze, procedure, metodologie, teorie, ecc…da utilizzare per lo sviluppo personale e dell’organizzazione.”

Quali sono le persone che hanno questa soft skill?

Sono persone curiose, con spirito d’iniziativa, perché vogliono sempre andare oltre a ciò che conoscono, sanno gestire le informazioni, perché ne capiscono il valore per risolvere i problemi e vogliono lavorare in gruppo, perché anche nei processi più informali riescono a trarre degli apprendimenti da mettere in pratica quando serve.

Come si coltiva la propria sensibilità alla formazione? Con curiosità, senso critico e umiltà

Non si finisce mai di imparare, questo è chiaro, perché le società, le tecnologie e le persone cambiano, evolvono, non rimangono mai le stesse. Quindi chi pensa di sapere sempre tutto, non ascolta e non impara nulla di nuovo, in realtà ha minori possibilità di crescita di chi rimane umile, pronto all’ascolto e alla condivisione delle informazioni, perché sa che la cultura (soprattutto quella aziendale) non è cristallizzata in un momento, ma è come un giardino che va curato giorno per giorno. Più coltiviamo relazioni tra colleghi che si basano sull’apprendimento reciproco, più noi e le persone che ci circondano ci arricchiremo di ciò che ognuno ha da insegnare. 

Ci vuole anche curiosità, perché è quella che ci spinge ad uscire dalla nostra zona di comfort per conoscere scenari nuovi e il senso critico ci stimola a voler sempre migliorare noi stessi e le attività che svolgiamo o in cui siamo coinvolti.

Vediamo alcuni consigli pratici per coltivare questa soft skill:

  • Dedicate un momento periodico alla vostra formazione. una volta al giorno o alla settimana, trovate il tempo per analizzare quanto state facendo, come potreste migliorare e quali lacune avete negli argomenti che dovete affrontare, per potervi formare in quegli ambiti dove più c’è bisogno.
  • Dividete il percorso in obiettivi più piccoli. Dovete imparare un intero argomento che sembra vasto quanto l’intero universo conosciuto? Partite ben organizzati! Dividete la vostra formazione in step e alla fine di ognuno di questi ricapitolate, verificando che abbiamo preso abbastanza dimestichezza con l’argomento da passare allo step successivo
  • Condividete, condividete, condividete. Bisogna saper imparare, ma anche insegnare nel modo giusto, quindi non abbiate paura delle critiche e condividete quello che imparate, in modo da arricchire le persone che vi sono vicine. Loro impareranno da voi e voi imparerete ad esporre i vostri argomenti.
  • Non sapete come fare? Chiedete! Dopo millenni di anni di storia e milioni di teorie ideate, alcuni esperti di marketing hanno capito che c’è un segreto per capire cosa vogliono i clienti: chiedere! Ebbene si, se proprio non sapete da che parte iniziare per poter accrescere la vostra formazione e quale metodo sia il migliore, chiedete alle persone in ufficio, a casa o tra amici come fanno per risolvere il problema. Magari la risposta non farà al caso vostro, ma almeno avrete imparato tre cose:
    • chiedere non fa mai male
    • qualcuno ha una risposta possibile alla vostra domanda
    • quella risposta non è giusta per voi

E magari, dopo un’attenta analisi di ciò che avrete appreso, potreste trarre la conclusione che una soluzione c’è: chiedere ancora!

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Secondo il modello di analisi delle soft skills SkillView il decision making è…

“…la capacità di prendere una decisione, con velocità e accuratezza, valutando e scegliendo fra diverse alternative.”

Come si comporta un decision maker?

Sono persone con fiducia in sé stessi, che utilizzano il pensiero analitico per il problem solving. Cercano tutte le alternative e riflettono sulle conseguenze delle scelte che prenderanno, per trovare la soluzione che, a ragion veduta, porta più benefici.

Si può sviluppare questa soft skill? Si, con curiosità, riflessività ed equilibrio

Una decisione non deve essere affrettata e men che meno basata su opinioni soggettive, perché le conseguenze possono essere inaspettate e controproducenti. Per fare la scelta giusta, infatti, bisogna valutare il maggior numero di alternative, valutandone gli effetti, senza essere influenzati da pregiudizi o giudizi affrettati, che possono pregiudicare l’oggettività delle informazioni che abbiamo e delle decisioni che prendiamo. Le informazioni oggettive che raccogliamo, inoltre, devono essere continuamente aggiornate e messe a sistema tra loro, per poter avere un quadro della situazione completo e dinamico, perché non tutte le attività in azienda sono ripetitive e routinarie, ma cambiano con l’evolversi dell’organizzazione.

Vediamo alcuni consigli:

  • Quando raccogliete le informazioni, separate i giudizi personali dai dati oggettivi. Ponetevi alcune domande (o ponetele al vostro interlocutore) per capire se il punto di vista che raccogliete è parziale, magari confrontando con altre fonti d’informazione o riflettendo sul contesto e sulla situazione del mittente da cui arriva il dato. Un proverbio russo afferma “Fidati, ma controlla”, e rappresenta il giusto modo di gestire la relazione con una fonte d’informazione, perché non parte da uno scetticismo pregiudicante, ma stimola a verificare in modo autonomo.
  • Pensate a tutte le conseguenze delle scelte, ma sospendete il giudizio. Con tante informazioni e opzioni, gli effetti delle decisioni possono essere molteplici, e quindi fare una scelta può intimorire, per paura delle ripercussioni negative. Anche in questo caso, cercate di pensare al futuro nel modo più oggettivo possibile. Non riuscite a vedere un domani roseo? Sospendete il giudizio lì dove pensate alle conseguenze peggiori, accertatevi che si possano verificare e cercate di prevedere una soluzione.
  • Non cercate la scelta perfetta, perché non esiste. Aristotele nell’”Etica Nicomachea” del IV secolo a.C. ha scritto “in medio stat virtus”, ovvero “nel mezzo c’è la virtù”, a significare che l’equilibrio è sempre la scelta migliore, senza lasciarsi andare agli eccessi. La moderazione nel valutare e nel prendere decisioni porta sicuramente a conseguenze più medie (e magari più prevedibili), ma per questo anche più sicure.

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Il modello Skill View definisce questa soft skill come…

“…la capacità personale di mettere in gioco la combattività necessaria per conseguire gli obiettivi di lavoro assegnati.”

Come si comporta chi vuole conseguire gli obiettivi?

E’ una persona motivata, che ha fiducia in sè, portata al problem solving con la giusta persistenza. Non si abbatte di fronte agli ostacoli e la sua tensione al raggiungimento degli obiettivi la fa essere concentrata sul compimento del lavoro assegnato.

Come si impara a mettersi in gioco e ad aumentare la propria combattività?

Motivarsi è fondamentale, definendo chiaramente qual è la posta in palio una volta raggiunto l’obiettivo, avendo fiducia nel conseguimento con un atteggiamento positivo che affonda le sue radici nel pensare ai successi precedenti e nella coscienza delle proprie potenzialità, che fanno anche visualizzare sé stessi al di là del traguardo.

Intraprendere il percorso verso il successo sarà così più semplice, ma lungo la strada ci saranno ostacoli che solo con la capacità di analisi e un po’ di ingegno potremo superare. Perciò dovremo essere costanti, organizzati e precisi nel nostro lavoro per trovare soluzioni che nella crescita professionale diventeranno sempre più complesse (perché le attività e le problematiche connesse diventano molteplici e sono dinamiche, quindi cambiano col tempo).

Alcuni consigli per coltivare la vostra soft skill del conseguire gli obiettivi:

  • Prendete esempio dai migliori: esistono infiniti esempi di persone che hanno raggiunto e superato traguardi inimmaginabili, in ogni ambito. Sapere che altri ce l’hanno fatta e capire come hanno fatto è un metodo per aumentare le vostra motivazione e immaginarvi al posto loro. E se pensate che sia frustrante conoscere la fantastica vita di Steve Jobs, pensate che è stato estromesso dalla stessa azienda che aveva creato, e che la Apple prima di diventare quel brand che oggi tutti conosciamo era sull’orlo del fallimento.
  • Partite da una battaglia piccola: alcune battaglie possono sembrare perse fin dall’inizio, perché troppo grandi e complesse e ci fanno desistere, facendoci perdere la nostra combattività. Cominciate da argomenti e problemi che sapete di poter affrontare o risolvere, e ritroverete la voglia di mettervi in gioco. Greta Thunberg oggi è un attivista di fama mondiale, ma ha iniziato facendo da sola uno sciopero per il clima, semplicemente non andando a scuola.
  • Vivete appieno i vostri traguardi: si dice che il percorso verso un traguardo sia la parte più bella, e non c’è dubbio che la competizione, l’adrenalina e il tendere il proprio animo verso un obiettivo siano sensazioni ed emozioni che ci rendono vivi. Ma la fatica del percorso non deve mettere in secondo piano il traguardo raggiunto, che anzi deve essere vissuto pienamente e con tutta la gioia e la soddisfazione che possiamo concederci. Perché è proprio l’amore e il rispetto di noi stessi e di ciò che siamo diventati, grazie al percorso fatto e agli ostacoli superati, che ci muove verso obiettivi sempre più alti.

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“L’autonomia lavorativa si esprime come la capacità del soggetto di conseguire e mantenere i risultati lavorativi attesi al variare della struttura organizzativa. La struttura organizzativa,attraverso le diverse forme che può assumere (gerarchica, funzionale, a matrice, divisionale, ….) e le procedure di lavoro che adotta (accentramento/delega delle decisioni, responsabilizzazione diffusa, ecc…), può favorire un maggiore o minore grado di autonomia lavorativa della persona. In ambienti di lavoro moderatamente o fortemente strutturati,  persone con un alto grado di autonomia lavorativa potrebbero non rendere al meglio. In ambienti lavorativi poco strutturati, che quindi lasciano molta libertà agli individui di determinare i tempi e i modi attraverso i quali realizzare un compito definito, persone con bassa autonomia potrebbero non rendere al meglio.”

Come si comporta chi ha autonomia lavorativa?

E’ una persona intraprendente e decisa, che sa gestire il proprio lavoro in modo autonomo, partendo dall’organizzazione e la pianificazione, fino all’implementazione e alla revisione delle proprie attività. Lavora bene da solo, senza necessità di direttive da parte dei superiori ed ha capacità di analisi delle mansioni svolte, per poter migliorare costantemente.

Come si allena questa Soft Skill? Con studio, metodo e capacità di valutazione

Se volete diventare autonomi nelle vostre attività, dovete prima di tutto studiare: capire a fondo quali sono le procedure, le attività le routine della vostra azienda, e confrontarle con le organizzazioni che fanno parte del vostro settore.

In base a questa analisi potrete stabilire quali sono gli obiettivi da raggiungere e le attività che dovete svolgere per ottenerli, ma ci vuole un buon metodo per pianificare, organizzare e gestire al meglio le vostre attività, in modo da essere completamente autonomi e riuscire a rispettare le scadenze e la qualità che vi vengono richieste. La capacità di valutare in modo oggettivo quanto svolto, infine, è fondamentale per poter crescere professionalmente. L’oggettività nasce dal confronto del vostro operato con quello degli altri (colleghi, collaboratori o di altre aziende), per vederne pregi e difetti e migliorare costantemente il livello e la quantità del vostro operato.

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