Che si stia a casa, con la famiglia, il partner, oppure gli amici, l’empatia può venirci in aiuto per stare meglio con se stessi e con gli altri.

L’empatia cognitiva, emotiva e verso i bisogni degli altri (come descritto nell’articolo “Che cos’è l’empatia ) è uno strumento per capire le sensazioni, le emozioni e le necessità di chi conosciamo o di chi ci sta vicino, per poter vivere appieno la vita con loro, nel caso di momenti e sensazioni positive, o per supportare e aiutare nel caso di momenti ed emozioni negative.

I suggerimenti visti nell’articolo precedente per allenare l’empatia possono essere applicati nella vita quotidiana.

  • Comprendi le tue stesse emozioni
  • Impara ad ascoltare
  • Fai finta di essere l’altro
  • Non avere paura di sentirti a disagio

…e sono un piccolo vademecum per capire come le persone che conosciamo affrontano la vita, gli eventi che accadono, le attività che svolgono, come lo sport o la musica, e le relazioni che tessono. L’empatia ci aiuta ad avere dei punti di riferimento emotivi. Per poter riflettere su come abbiamo affrontato il passato, per migliorare, e come potremmo affrontare il futuro, se accadessero a noi gli eventi che capitano a chi conosciamo.

“L’empatia ci aiuta ad avere dei punti di riferimento emotivi. Per poter riflettere su come abbiamo affrontato il passato, per migliorare, e come potremmo affrontare il futuro, se accadessero a noi gli eventi che capitano a chi conosciamo.”

Se, ad esempio, vogliamo eccellere nello sport, possiamo ricorrere al patrimonio emotivo di persone con cui ci alleniamo, oppure di grandi sportivi che sono saliti sul podio, per capire come si preparano per le gare e come affrontano la sfida.

Se, d’altra parte, vogliamo avere una relazione felice, oppure vogliamo sapere come affrontare un evento spiacevole che potrebbe capitarci in futuro, possiamo ricorrere al patrimonio emotivo di persone che vivono serenamente la relazione con il proprio partner, oppure che hanno affrontato e superato la fragilità emotiva che si prova durante l’evento spiacevole, che può spaventare perché non sappiamo come affrontarlo.

L’empatia è quindi uno strumento prezioso, che ci consente di entrare in contatto con gli altri e di scambiare emozioni, punti di vista e capire le necessità degli altri (ma anche di se stessi), per vivere la vita pienamente e prepararci a quello che ci riserva per il futuro.

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Nei post precedenti abbiamo visto che cos’è l’empatia e come è applicabile nella carriera professionale. Oggi vediamo come l’empatia si può utilizzare nello studio.

Greenme.it propone di inserire l’empatia come materia scolastica, così come già si è fatto in Danimarca, per facilitare le relazioni tra gli studenti e con i professori.

Infatti il presupposto essenziale è che gli insegnanti siano empatici e possano capire le emozioni dei propri allievi per poterli aiutare singolarmente nell’approccio allo studio, mantenendo una visione d’insieme e guidando la classe nella comprensione reciproca e nel seguire l’obiettivo comune dell’apprendimento e della maturazione, anche relazionale.

Se gli alunni, infatti, hanno bisogno di sviluppare la propria empatia (che sia cognitiva, emotiva o proattiva ai bisogni degli altri), gli insegnanti devono possedere tutte e 3 le caratteristiche, capendo in modo emotivo le emozioni degli alunni, sapendole spiegare a se stessi, agli altri (agli studenti stessi o ai loro genitori) e aiutandoli nella crescita verso la maturità.

Fortuna e Tiberio (1999) hanno determinato i criteri per stabilire quanto un insegnante sia più empatico di un altro. Il docente empatico non è autoritario, anzi, è più propenso ad elogiare e premiare gli studenti meritevoli, più che a svalutare coloro che non riescono a portare a termine un risultato. Sanno accogliere e guidare gli studenti che esprimono liberamente i propri sentimenti, incentivando le discussioni condivise in aula.

Come si sviluppa l’empatia in classe?

Partendo dai suggerimenti visti nel post “Che cos’è l’empatia” (riconoscere le proprie emozioni, non aver paura di sentirsi a disagio, ascoltare gli altri e immedesimarsi in loro), pensiamo che un possibile incentivo al miglioramento empatico sia proporre dei momenti di riflessione sull’empatia durante le ore di lezione in classe.

Se fin da piccolissimi si può chiedere ai bambini di condividere le proprie emozioni, attraverso giochi e sistemi premianti, durante l’adolescenza è ancora più importante aiutare i giovani a sviluppare le proprie doti empatiche, magari facendoli ragionare sulle sensazioni e le emozioni dei personaggi che leggono nei romanzi classici o nei libri di storia. All’università poi, è essenziale per i giovani adulti avere buone relazioni, per poter collaborare nei gruppi di lavoro e in progetti propedeutici alla carriera lavorativa.

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Nel post precedente abbiamo definito “Che cos’è l’empatia” ed abbiamo visto che ne esistono di 3 tipi secondo il modello SkillView®.

Nel mondo lavorativo, l’empatia cognitiva può essere un ostacolo, perché le domande di controllo (o domande dirette – quelle che servono a capire il punto di vista dell’altro) impediscono il fluire naturale e armonico delle relazioni (è possibile che le domande si riferiscano alla sfera personale).

Questo tipo di empatia, però, può essere utile ai manager, perché, dovendo prendere decisioni in base ad evidenze oggettive, possono, ad esempio, scegliere di assumere una persona che condivide la cultura e i valori aziendali ed affronta le situazioni con la stessa spinta emotiva del gruppo di lavoro al quale si deve unire.

L’empatia emotiva, d’altra parte, aiuta le persone che si occupano di consulenza, formazione e coaching ad entrare in sintonia con i gruppi di lavoro con i quali collaborano, in modo da capire istintivamente le difficoltà che affrontano durante il lavoro e poterli consigliare su come affrontare le attività.

L’empatia verso i bisogni degli altri, insieme ai primi 2 tipi, è inoltre utile per tutte le persone che collaborano all’interno di un gruppo di lavoro, dal manager al trainer, per capire e risolvere i problemi del team (o delle singole persone che vi partecipano) e raggiungere gli obiettivi prefissati, a beneficio del gruppo (e quindi dell’azienda stessa).

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Il termine “empatia” deriva da 2 termini greci, en, “dentro”, e pathos, “sofferenza o sentimento”. E proprio questo si intende comunemente per empatia: entrare in contatto con l’altro, provarne le stesse sensazioni ed emozioni.

“Immedesimarsi nella situazione psicologica ed emotiva dell’altro. Capirne le vere necessità.”

Non a caso, il concetto di empatia è stato ideato dal filosofo Robert Vischer (1847-1933), che inizialmente aveva utilizzato il termine Einfühlung, che in tedesco vuol dire, appunto, immedesimazione. E solo più tardi, tradotto fu in inglese come empathy.

L’empatia è un importante fattore delle proprie Original Skills (componenti fondamentali della personalità) perché, quando è presente la risonanza empatica con gli altri, favorisce la comunicazione tra le persone e permette di sviluppare buone relazioni.

“Saper comprendere gli altri, adottare il loro punto di vista per individuare meglio i loro obiettivi è quindi una dote essenziale per chiunque è interessato a vivere armonicamente con le altre persone.”


I 3 tipi di empatia secondo il modello SkillView®

L’empatia assume forme diverse fra le persone:

  • chi è dotato di empatia cognitiva sarà in grado di conoscere come gli altri vedono le cose. Hanno bisogno di fare domande dirette e devono sviscerare ogni semplice comportamento mediante l’evidenza oggettiva.
  • chi è dotato di empatia emotiva sarà portato a sentire le stesse sensazioni, gli stessi sentimenti degli altri. Entrano in contatto emotivo in modo intuitivo ed hanno bisogno di avere distacco per poter distinguere tra i propri sentimenti e quelli dell’interlocutore.
  • chi è dotato di empatia verso i bisogni degli altri è pronto a far fronte alle loro necessità.

Le diverse forme di empatia non si escludono a priori, ma possono convivere in una stessa persona. Davanti all’interlocutore possiamo entrare intuitivamente in contatto emotivo con lui/lei, anche solo a prima vista, per poi poter avere evidenza oggettiva con domande proprie sulle sensazioni dell’interlocutore, ed infine facendo fronte alle sue necessità.

Come si allena l’empatia?

Wikihow.it e sviluppoleadership.com ci danno molti consigli su come sviluppare la nostra empatia, riassumiamo qui i più importanti:

  • Comprendi le tue stesse emozioni. Per poter entrare in contatto con gli altri e capirne le emozioni, devi aver provato e capito quelle emozioni in te. Riservati ogni giorno un momento per dare libero sfogo alle tue emozioni, che siano positive o negative, e sentile a fondo. Quando entrerai in contatto con qualcuno che prova quelle emozioni ti ricorderai di quali sensazioni hai provato
  • Impara ad ascoltare (anche chi non ti piace). Cerca di cogliere tutti gli indizi per capire cosa prova una persona. Allenati a captare ogni minimo segnale delle sensazioni altrui, senza giudicare, ma cercando di capire e provare le sue sensazioni. E interagisci anche con chi non ti piace, perché arricchirai la tua esperienza e potrai scoprire nuovi punti di vista che non conoscevi.
  • Fai finta di essere l’altro (immaginati e immedesimati nei sui panni). Ascolta i racconti degli altri e immedesimati come se fossi il protagonista, come quando vedi un film. Riesci a capire ora come ci si sente nei panni dell’altra persona?
  • Non avere paura di sentirti a disagio. L’empatia può essere dolorosa, ma se vuoi entrare veramente in contatto con le emozioni dell’altro, a volte devi andare a fondo. E se le sensazioni sono troppo dolorose? Ricorda che non sei tu ad essere nelle condizioni dell’altro e fai riemergere ricordi positivi, in modo da bilanciare le sensazioni negative.

Qualcuno è andato oltre le parole…

Psicologia24.it descrive il concetto di empatia con un esempio concreto: il Museo dell’Empatia, creato a Londra nel 2015 ed oggi itinerante, propone un modo nuovo e coinvolgente per capire cos’è l’empatia e provare le sensazioni di estranei, anche molto diversi da noi: i visitatori possono camminare per 1 miglio (1.6 km) indossando le scarpe di una persona, mentre ascoltano il racconto della sua vita con un’audioguida. Si può camminare letteralmente nelle scarpe di un rifugiato Siriano, come di un lavoratore Turco.

Gli ideatori hanno forse preso alla lettera il titolo della canzone “Walking in My Shoes” dei Depeche mode. Ed è stata una grande idea, per capirsi.

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Lavorando con le organizzazioni e con le persone ho lentamente maturato il convincimento che l’empatia ha tre livelli.

Al primo livello collocherei quel tipo di empatia che sta al di sotto della coscienza. E’ lo stile organizzativo, la cultura che si respira nelle imprese, il clima emotivo, i codici comportamentali, le modalità scelte dalle persone per presentarsi, vestirsi, discutere, celebrare. Questo tipo di empatia non è di natura cosciente, viene a galla solo quando si prova a introdurre dei cambiamenti nell’organizzazione.

Al secondo livello metterei la capacità di cogliere cosa passa per la mente altrui. E’ la cosiddetta sfida di Monna Lisa, il famoso dipinto di Leonardo da Vinci. Qual è il pensiero che sta dietro il mezzo sorriso della donna del ritratto? Ecco, alcune persone sono particolarmente capaci di farsi un’idea immediata delle sensazioni che gli altri provano. Li capiscono dal “di dentro”, provano le stesse emozioni e colgono i pensieri degli altri. Altre persone fanno fatica a interpretare e collocare nel giusto contesto il significato di un mezzo sorriso. Hanno bisogno di studiare e comprendere domandando. Questo tipo di empatia, quella di terzo livello, spesso riscontrata come mancanza di empatia è, in effetti, un tipo di empatia fredda, che ha bisogno di conferme per comprendere cosa le persone pensano. Questo tipo di empatia è riscontrabile in ogni tipo di popolazione aziendale (dirigenti, quadri, impiegati, lavoratori) ed è molto ricercata perché riesce ad assemblare informazioni che vengono da più fonti (situazioni reali, storia, cultura, immagini, web, ricerche, ecc.) valorizzandole in vista di un obiettivo commerciale, produttivo o di altro genere.

Il problema, in molti casi, è che le persone non possono essere entrambi le cose, empatici, analitici ed empatici risonanti (come direbbe Goleman). E a tal riguardo è il contesto aziendale (organizzazione empatica o fredda ed ostile) che può attrarre verso di se quelle persone che sono nella media, cioè sia leggermente empatiche risonanti e sia lievemente empatiche analitiche. Capire cosa significa appartener ad una delle due categorie è importante per il successo professionale.
Il test Skill View® consente, fra le altre cose, di autovalutare il livello della propria empatia.

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